UNA STORIA. ABRUZZO. La rinascita di Abruzzo Engineering potrebbe passare per il terremoto aquilano. Una parte dei dipendenti è stata formata per divenire ispettori nei cantieri della ricostruzione ma non tutti si sentono all’altezza del compito.
Poche ore di corso e la qualifica è arrivata. A breve, quando si troveranno gli spazi idonei, partirà il lavoro vero e proprio. C’è chi ne parla come «l’ennesima umiliazione» per dipendenti che da anni vengono sballottati da un incarico all’altro, di volta in volta formati anche con corsi «interminabili» o da poche decine di ore per riparare ai gap culturali che nessuno credeva di dover mai colmare. E c'è anche chi assicura che se verranno scelti come ispettori nei cantieri rinunceranno, perchè non vogliono assumersi responsabilità personali per un lavoro per cui non sono sufficientemente preparati. Il loro curriculum, infondo, parla di altro. Domani queste persone dovrebbero verificare l’idoneità dei lavori sugli edifici maggiormente colpiti dal sisma e giudicati inagibili.
Ma che ne sarà di Abruzzo Engineering e dei suoi 200 impiegati? Nei giorni scorsi il presidente Chiodi ha denunciato «operazioni spregiudicate» avvenute prima del suo insediamento.
Oggi sente il dovere di non far affondare l'intera nave, soprattutto per salvaguardare i posti di lavoro che, soprattutto in questo momento, la regione non può permettersi di perdere.
CHIODI: «UNA STRUTTURA DA FAR RIVOLTARE I CADAVERI NELLE TOMBE»
Eppure Chiodi si è espresso in Consiglio regionale chiaramente su Ae ed il suo personale: «una struttura dirigenziale manageriale da far rivoltare i cadaveri nelle tombe» per i suoi costi, «una società nata molto male con finalità assistenziali per il recupero di una serie di lavoratori socialmente utili, con apporto finanziario del governo e regione».
Però «dopo questo nobile scopo la società si è trasformata in una struttura funzionale alla politica, sono state fatte assunzioni strumentali con soldi pubblici». Questo il panorama generale che ha anche visto un passaggio repentino da 100 a 200 dipendenti «senza nessuna necessità e finalità, quelle si sono create dopo».
Insomma per Chiodi Abruzzo Engineering è «un buco nero vero e proprio».
Chiodi è stato chiaro:«c’è stato il coinvolgimento di tutte le forze politiche, tutto il sistema, destra e sinistra, ha trovato un vantaggio in questa società con la possibilità di fare clientelismo e consenso con la fattura a carico dei cittadini abruzzesi: sindacati, partiti, strutture burocratiche degli enti pubblici».
E per tenerli occupati, questi dipendenti sono stati impiegati per fare un po’ di tutto e con il terremoto si pensa di farli lavorare nell'ambito della ricostruzione. Assegnando loro anche compiti delicati che non tutti si sentono in grado di ricoprire.
AUDIO 1. CHIODI, DIPENDENTI E CLIENTELISMO.
Dopo le parole del presidente e commissario alla ricostruzione qualcuno ha deciso di raccontarci dall’interno il dramma di queste persone per metà chiamate per 'conoscenza' e per metà ex Lsu (per la precisione 98).
Opinioni strettamene personali sulla propria vita lavorativa e non solo ma con forti implicazioni di interesse pubblico nonché di strettissima attualità.
E così vengono fuori le frustrazioni degli ultimi 13 anni di difficoltà: si è partiti nel lontano 1997 con i sopralluoghi in materia ambientale, «un lavoro semplice ma utile». Poi, con l'arrivo di Quarta e Del Turco, c'è stata la creazione di quella che ancora oggi si chiama Abruzzo Engineering e si è passati alla banda larga: «alcuni di noi avevano problemi con i cellulari, figurarsi con le nuove tecnologie».
Oggi il presente si chiama cassa integrazione e il futuro (incerto) potrebbe essere proprio il terremoto.
«Noi non dobbiamo ringraziare nessuno», assicurano gli ex Lsu che si ritrovano dentro Ae, «noi veniamo da lontano, anche se, nelle sue ultime dichiarazioni, il presidente della Regione ha fatto di tutt'erba un fascio, parlando di noi come di 200 raccomandati. Al limite, forse sarebbero in 102».
Allora proprio qualcuno di quegli ex Lsu prova oggi, con PrimaDaNoi.it (chiedendo di non rendere pubblico il proprio nome per paura di ritorsioni), a spiegare l'evoluzione e la crescita di quello che è diventato un carrozzone difficile da parcheggiare (come conferma ampiamente il presidente Chiodi).
0 commenti:
Posta un commento